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Accademia del gioco dimenticato

I VOSTRI PENSIERI IN RICORDO DI GIORGIO FEDERICO REALI

FONDATORE DELL'ACCADEMIA DEL GIOCO DIMENTICATO

IL TAMBURINO DEI GIOCHI
 a colloquio con  Giorgio Reali

da Dialogo rivista di frontiera edita da Roberto Crimeni

Senza giocare non si può vivere; il gioco è una vera e propria "ri/creazione", cioè una sorta di rinascita e di trasformazione. Oggi siamo attenti a curare il corpo (medicina e pratiche salutiste), a volte tralasciando la psiche. Abbandonarsi al gioco può allungare la vita in un altro senso. Non vita da esibire in corpi che si ostinano a presentarsi giovani ma la vita che si scopre bambina in tutte le età. Occorre ricordare anche i giochi dimenticati.
 Per farlo abbiamo chiacchierato con Giorgio Reali, definito il Peter Pan del terzo millennio, fondatore dell'Accademia del Gioco Dimenticato.

Da dove e come nasce la tua passione per il gioco?
La mia passione per il gioco nasce (come per tutti i bambini) da  bambino: la mia fortuna è stata di essere nato nel '51 quando i bambini  nei quartieri erano (ancora) "visibili": quindi "ci vedevamo" e  giocavamo con quello che c'era, sassi, legni, cerchi, stracci.
 Ho sempre pensato che un bambino capace di costruirsi da sè dei  giochi, difficilmente sbaglierà nel realizzare un avvenire sereno.
 Io semplicemente non ho mai smesso di giocare (accettando una serie di conseguenze pratiche: lavorare l'indispensabile per l'indispensabile,  quindi niente belle macchine, niente belle case).
 Il gioco per me è realizzare idee creative: quindi tutto il percorso che  parte dal progetto, dalla ricerca dei materiali, alla costruzione  dell'oggetto è gioco.
 Anche presentare i giochi ( e in minor misura i giocattoli) lo è:  pensare che circa 500 persone hanno frequentato i miei corsi e che in varia misura  "giocano" con le cose "imparate" mi dà grande gioia.
 E' certamente la cosa più importante che ho realizzato: ho conosciuto una  decina di autori di libri sui giochi ma la cosa buffa è che "non giocano"  insieme ai bambini, sono dunque solo dei "notari" e nei loro scritti  l'entusiasmo è assente.
 A parte questo ho realizzato (con i disegni di Barbiero) un libro, Il  Giardino dei Giochi Dimenticati per la Salani editore che rappresenta il riassunto delle mie ricerche e partecipazione ai più importanti meeting organizzati in Europa  per animatori (il migliore è quello di Brest in Bretagna).

In che misura il gioco aiuta secondo te la formazione della  personalità?
Innanzitutto serve specificare che l'universo "gioco" investe vari aspetti dell'Universo "uomo": io seguo principalmente l'aspetto creativo, ma non  dimentico quello esclusivamente ludico, quello scientifico. Una  conoscenza armonica di tutti questi aspetti è di grandissimo aiuto nella formazione della personalità di un bambino:  l'insieme delle attenzioni che egli avverte diventano inevitabilmente forza e serenità.

Il gioco come terapia?
Gioco e terapia: bisogna conoscere le difficoltà, i punti deboli del  bambino per "pensare" al gioco "migliore", non credo che un attento genitore o buon educatore non sia in grado di aiutare un bambino ad essere felice, o cosa  migliore, fare in modo che continui ad esserlo.
Intervengo poi particolarmente sul discorso che lega il gioco al  recupero o attenuazione dell'handicap.
Come l'anno scorso anche quest'anno ho svolto alcune giornate con  l'Anffas e l'Atlha (ass.tempo libero handicap) con giochi semplificati: in troppi mi hanno chiesto di fare un testo specifico per portatori di handicap e anziani, credo che lo farò.
Una cosa che mi piacerebbe sviluppare è quella di collaborare con  gruppi di lavoro "speciali" come comunità di portatori di handicap, carcerati o  comunque persone svantaggiate. Ebbene questi gruppi di lavoro fanno (quasi) sempre cose banali, non brutte ma banali, e la gente le compra al mercatino perchè le fanno "loro".
Invece mi piacerebbe che la gente acquistasse quelle cose perchè sono belle, perchè sono originali, perchè cosÌ non le fa nessuno.
Che poi, sappiano che sono fatte da loro di certo non guasta, anzi.
Chissà magari tramite l'intervista qualcuno si fa avanti.
Uno dei miei credo (una frase letta su di un muro e sempre amata): «Se il destino è contro di noi, peggio per lui»

Gioco e politica : quali istituzioni pubbliche e chi ti ha aiutato o  osteggiato di più?
Il gioco e la politica: un pessimo rapporto!
 Tutti coloro che si occupano di politica oggi hanno un solo ed unico obbiettivo: la ricerca del consenso; questo compito li prosciuga al punto che non hanno nessuna energia per pensare e spiegare le cose importanti da fare per il bene di tutti (che non sia il Loro)  Quindi accettano spesso di fare delle cose per i bambini, ma non si preoccupano minimamente dei risultati: a "Loro" basta poter dire «Abbiamo organizzato 20 eventi per i bambini». Ma mancano assolutamente dei  progetti a lungo respiro, quelli che portano i bambini (ed i genitori) ad avere  attenzione e verificare i progressi psicofisici ( invece spesso accade di notare il regresso..e ci domanda anche perchè.....)

Esistono ordini di scuole in qualche paese del mondo dove si è inserita la disciplina che insegna a giocare?
Secondo te trarrebbe vantaggio la scuola italiana se si inserisse un discorso sulla storia del gioco?
Hai portato il tuo discorso nelle scuole?
Pensare ad esempio che non esiste nella scuola l'ora settimanale del gioco è demenziale.  Lo dico spesso, i bambini non hanno lobby: le hanno gli architetti, che decidono sempre le stesse cose per i parchi, evitando accuratamente ciò che disturba, come dare ai bambini la possibilità di costruire da sè  delle cose.
Certo, vi sono esempi in Germania, piuttosto che in Finlandia di progetti "utili", ma manca un pensiero unico come ad esempio il fare una ricerca sui giochi caratteristici di un paese europeo (magari nella settimana in cui esso  festeggia l'unità nazionale). Ho portato questo discorso nelle scuole: ho organizzato una ventina di corsi nelle scuole e spesso nelle presentazioni del libro ho parlato con maestre o direttori didattici: manca la volontà, eppure (quasi) tutti hanno bambini (o quanto meno, lo sono stati...)

Il gioco è sinonimo davvero di libertà?
Un tempo si, ora non lo è più: troppi i condizionamenti della  pubblicità, basti pensare alle trottole d'oggi, sono di plastica, si rompono subito e costano un sacco di soldi.
 I giochi d'oggi (in particolare i videogame) hanno creato le caste fra i bambini (come quelle dei "grandi" con le autovetture); una cosa disgustosa.

Qual è la più grande libertà in un gioco?
 Domanda difficile: l'unica libertà che hanno i ragazzi (i bambini  purtroppo no) è di scegliersi gli amici, poi la maggioranza decide il  gioco. Libertà è scegliere un gioco senza competizione, troppo bello per essere vero: il 90% dei bambini che partecipano ai miei momenti di gioco mettono "grande" impegno solo se ci sono in palio le biglie....

Il gioco di competizione e il gioco di creatività, queste sono due macro differenze..
 quanti tipi di gioco ci sono?
Gioco: Competizione, Creatività.
Sono due cose che i bambini vivono in due momenti diversi, la prima "insieme" agli altri; la seconda prevalentemente "da soli" ma non è  sbagliato: spesso noto che mentre disegnano o costruiscono sono infastiditi da  quanti gironzolano intorno (in genere i meno dotati...).
Tipi di Giochi?
Nella nostra ricerca sul gioco/giocattolo da portare nel nuovo millennio ne abbiamo registrati quasi 300......se ne sono poi aggiunti altri 80 e li potete vedere tutti nel mio sito che dà notizie complete e anche curiose.

Ci sono giochi prediletti in alcune età?
Ovvio, per i piccoli giochi di costruzione (e di distruzione...)
 dagli 8 ai 12 (la mia fascia prediletta) giochi di movimento "insieme" agli altri come corsa dei sacchi, delle biglie... dopo i 12 ...ahimè playstation... ehi, mica sono un docente in Ludologia....!!

 

Il gioco che ci vede indossare un'identità altra  a quali età viene prediletto?
E in quali periodi storici è andato più in voga?
Queste domande investono un settore dove sono fragile....
 Immedesimarsi in altri personaggi è più folklore che gioco (vestirsi da indiani o da clown..).
 Tu non lo sai ma molto di quello che mi hai chiesto coincide con lo  spirito del mio terzo libro (il secondo è NonnoLibro, manuale di fantamemoria, usi e costumi del dopoguerra in uscita nella primavera 2004)  e cioè "Il mio gioco libero" (da buon battistiano come potevo scegliere un  titolo diverso...), entrambi per i tipi della Salani.

 

Che rapporto c'è tra il gioco e la sessualità?
Un tempo (anni 50) c'era una forte differenza fra i giochi per bambini e bambine, ora non più; per le Aziende vi sono una serie di giochi unisex (videogame);ovvio che le Barbie sono per le bambine ma le nuove trottole vanno per  tutti.
 Ho notato che esiste una forte voglia di emulazione per le bambine nei  confronti degli "status" dei maschi, ad esempio il cellulare ed il motorino; la stessa  cosa succede per i giochi moderni, quelli "spinti" dalla pubblicità; vanno a senso unico: interessa vendere ed avere il miglior risultato dipende dall'impegno  economico investito.

 

Che rapporto c'è tra il gioco e la sessualità che a seconda dei vari contesti, anche storici,viene considerata trasgressiva?
 Ci sono tabù anche nei giochi?
E' buffo, ma in un momento di "apparente" libertà sessuale, dove molti bambini di 9/10 anni (ripeto 9/10 anni) accedono (complice la stupidità dei genitori che non controllano) a siti porno, pochissimi bambini giocano (come facevamo noi...) al dottore.
 Un animatore come me ha la possibilità di entrare maggiormente in  confidenza con i bambini, loro ci vedono come "portatori" di momenti positivi, noi non abbiamo i momenti negativi tipici dei genitori "severi" e siamo presenti là dove alcuni genitori sono totalmente assenti (cosa che per molti bambini è peggio di un papà rompiscatole).  Ebbene è rarissimo che vi sia confidenza a tal punto (cioè giocare al dottore..)..che poi questa "ipocrita" pudicizia si apra dopo pochi mesi a precipitare in esperienze complete è un'altra storia.

 

Qual è l'effetto del gioco? Come ci si sente dopo aver giocato?
I bambini, dopo aver giocato sono felici ed appagati, trovano molta più gioia rispetto allo sport (non si sentono colpevoli se sbagliano un goal, se non corrono come l'allenatore vorrebbe....).
 I bambini dovrebbero "solo" giocare fino a 12/13 anni, solo dopo affrontare l'impegno dello sport.

 

Il gioco e la parola:
Ritorniamo a quanto detto prima, il mio mondo è la creatività quindi ho poca esperienza circa i giochi di pensiero (parola o matematica)  e mi dispiace aver poco tempo per approfondire altre "zone" del gioco  come appunto i giochi muti (ad esempio l'alfabeto). La gestualità è un'altra componente assente dal mondo dei bambini ed è un peccato; un (buon)  animatore ha la possibilità di capire (e risolvere) molte situazioni  difficili dei bambini, ha però bisogno di messaggi "lasciati" dai bambini in piena libertà, e pochi momenti sono "così" liberi da condizionamenti come durante il gioco.
 Anche per l'animatore (buono..) è assai importante avere tutti questi  riferimenti: non esiste (che io sappia) un testo ad hoc, mi piacerebbe  attraverso questo articolo altri operatori del settore (maestri, psicologi,educatori ecc.) si mettessero in contatto con l'Accademia per un convegno da organizzare verso la fine dell'anno. Consigliare e valutare il comportamento ludico dei bambini è assolutamente importante per dare "significato" al tempo che passiamo insieme a loro.
 Munari e Rodari, due pilastri della mia formazione professionale (uno  nella manualità, l'altro nel pensiero) dicevano che l'animatore non deve  assolutamente imporre il gioco ma solo dare gli strumenti: sono i bambini che poi si costruiscono il loro oggetto, la loro figura.
 Cosa questa meravigliosa ma che si scontra con il "tempo": i bambini  non hanno tutto quel tempo, (anzi, loro lo avrebbero ma sono i genitori che non  consentono che lo abbiano) quindi siamo costretti a dare loro cose già  fatte. Però "noi" abbiamo un grande vantaggio rispetto alle multinazionali: i bambini capiscono subito che giocano con cose possibili, cose che se volessero "possono" farsi da soli e questo li rende felici. Quando giocano con una playstation o con una Ballblade si rendono conto di avere in  mano qualcosa di impossibile da costruire quindi non si affezionano: se si  rompe la gettano, non pensano minimamente a ripararla..

 

Si può giocare senza niente?
Certo vi sono un mare di giochi da fare senza nulla, serve solo chi sappia spiegarli. Date un'occhiata al mio sito e al mio libro!!

 

Gioco e morte?
Un gioco nasce da solo e muore solo se abbandonato, tutti i giochi sono invece eterni se tramandati. Ecco perchè io giro l'Italia per recuperare i giochi da strada dimenticati. Certo vi sono dei giochi dove è prevista la morte dei personaggi ma senza alcuna paura o trauma per i bambini: essi non hanno una visione negativa dei fatti, ogni dolore virtuale ha vita brevissima.

 

Reali ed il gioco.
Si, tutta la vita è stata un gioco, da vincere e perdere con lo spirito di "IF", questo mi permette di avere 52 anni e di essere ancora un bambino. Giocare a sfidare me stesso in un progetto difficile, meglio se senza un euro (i soldi nei progetti ammosciano): è ciò che ho fatto.

Cosa vorresti realizzare?
 A parte i progetti o meglio le aspirazioni di cui ho parlato precedentemente l'anno prossimo organizzerò il mese del gioco (maggio 2004)  coinvolgendo un centinaio di realtà ludiche insieme ad Assingioco.

 

Il curriculum di Giorgio Reali

 

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